Guerra e malnutrizione: Sud Sudan allo sbando

Amref lancia l’allarme: «Drammatiche le conseguenze del conflitto sulla popolazione locale». Il Papa non si recherà nel Paese nel 2017.

È al mercato di Maridi, 280 chilometri a ovest della capitale Juba, che si può cogliere la drammatica essenza di un Paese, il Sud Sudan, in guerra con se stesso.

Malgrado la fertilità delle terre circostanti, agli occhi del visitatore il mercato è complessivamente vuoto. Solo qualche commerciante prova a vendere il poco che ha: manioca, arachidi, piante di okra, mango, banane e poco altro, il tutto impacchettato in piccole quantità adatte a potenziali compratori con pochi soldi nelle loro tasche.

Quattro anni di conflitto tra gli uomini del presidente Salva Kiir e le milizie legate all’ex vicepresidente Riek Machar hanno spazzato via il sogno di uno sviluppo possibile.

Centomila i morti, 3,5 milioni gli sfollati. I più fortunati, circa 1,5 milioni, hanno trovato rifugio in Uganda, Etiopia e Kenya, mentre oltre 2 milioni sono ancora prigionieri del proprio Paese, il più giovane del mondo, nato nel 2011 e già in frantumi.

Papa Francesco aveva espresso il desiderio di venire in visita quest’anno proprio qui, in uno degli angoli di mondo più dimenticati, insieme con il primate anglicano Justin Welby, ma il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke, ha annunciato oggi che il viaggio non si farà nel 2017.

Il Paese è in preda a fame e insicurezza, l’educazione e la sanità sono allo sbando.

A Maridi l’Ong Amref ha formato negli ultimi 20 anni oltre un migliaio di operatori sanitari: sono loro l’ultima risorsa del Paese sul fronte della salute, ma le violenze stanno complicando tutto. “I pazienti non hanno accesso ai servizi di cui hanno bisogno e il loro numero è in forte crescita – spiega da Maridi il fondatore di Amref Italia Tommy Simmons, in missione in Sud Sudan -. La fame è evidentemente presente e l’economia delle famiglie sta risentendo dell’isolamento della città in un Paese in guerra”.

La conferma viene da Basil Sam Benson, responsabile del reparto pediatrico dell’ospedale locale. “Ogni mese il 20% dei nuovi ricoveri riguarda casi di malnutrizione – spiega -. Quando sono arrivato nel 2013, questi casi rappresentavano solo il 2-3% del totale.

A causa della crisi, la gente non ha accesso al cibo e il costo della vita è cresciuto: i genitori non possono permettersi di acquistare da mangiare per i propri figli.

Inoltre si diffonde sempre più l’HIV”. Complicato è anche il reperimento di farmaci, mentre a livello di personale il reparto pediatrico può contare su una sola infermiera per tutto il giorno.

Testimonia le difficoltà attuali anche Patrick Taban, responsabile dell’Istituto per le scienze sanitarie di Maridi istituito dalla stessa Amref. “E’ difficile reperire cibo per gli studenti perché molte delle strade sono chiuse oppure perché i mezzi non vengono riparati. Inoltre la produzione agricola locale è molto ridotta e non riesce a espandersi su larga scala anche per la mancanza di semi e mezzi”.

“Dio ci ha donato un’ottima terra che fa parte della cosiddetta cintura del mais, ma l’agricoltura non è meccanizzata, si fa tutto a mano”, aggiunge Robert Bandi Alawi, dirigente della scuola secondaria femminile istituita da Amref 5 anni fa.

Oltre a nutrizione e sanità, la situazione ha implicazioni anche sull’istruzione.

In molti sono fuggiti a causa della guerra e ciò ha conseguenze sull’educazione, perché non riusciamo ad avere abbastanza insegnanti – prosegue -. Inoltre gli stipendi sono troppo bassi per riuscire ad attrarre insegnanti da Juba o dall’Uganda. Il tasso di inflazione è tra più alti del mondo, al 600 per cento”.

Bullen Emmanuel è il preside della stessa scuola e trascorre buona parte del suo tempo a cercare di convincere le famiglie a mandare le loro ragazze a scuola. “Abbiamo provato ad iscrivere 50 ragazze, ma siamo riusciti ad averne solo 20 – spiega -.

Se non avremo ulteriore sostegno non credo che la scuola continuerà ad esistere. E’ un peccato, perché le ragazze stanno facendo bene. Inoltre, non ho visto donne coinvolte in attività ribelli, in razzie, in truffe. Per questo sono sempre grato quando possiamo promuovere l’educazione delle ragazze: facciamo in modo che possano continuare”.

Articolo preso da: Avvenire