Dieci anni fa, il 9 luglio 2011, nasceva lo stato del Sud Sudan.
I festeggiamenti per l’indipendenza dal Sudan durarono però ben poco, infatti già nel dicembre 2013 il Paese si trovò in una guerra civile durata 5 anni, fino all’avvio di un processo di pace che nell’ultimo anno e mezzo ha fatto deboli passi avanti.
La situazione umanitaria oggi è critica: 4,5 milioni di bambini – 2 su 3 – nel Sud Sudan hanno un disperato bisogno di aiuto umanitario, secondo i dati Unicef. Episodi di violenza e conflitto, inondazioni ricorrenti, siccità, altri eventi meteorologici estremi alimentati dal cambiamento climatico e una crisi economica sempre più profonda hanno portato a un’insicurezza alimentare estremamente elevata e a una delle peggiori crisi umanitarie del mondo.
Il recente accordo di pace, che è stato attuato solo in parte, non è riuscito finora a portare alcun miglioramento alle sfide che i bambini e i giovani del paese devono affrontare.
Nonostante gli accordi di pace, continuano infatti ad avvenire episodi di violenze, che nell’ultimo periodo hanno coinvolto anche i territori della contea di Tombura, dove noi di Insieme con Sorriso Onlus sosteniamo vari progetti.
Qui “migliaia di persone hanno perso la vita, altre sono sfollate e vivono in pessime condizione per la mancanza di cibo, acqua e beni di prima necessità” racconta Mons. Barani Eduardo Hiiboro Kussala, Vescovo di Tombura-Yambio, che ha espresso la sua profonda preoccupazione per la sorte di migliaia di bambini e adulti in particolare nella contea di Tombura e Source-Yubu (Rii-Yubu) Payam, dove “la crisi rischia di portare a tassi ancora più elevati di malnutrizione, i focolai di malattie e i decessi di persone vulnerabili a causa delle cattive condizioni nelle quali vivono queste persone”.
Le violenze sono scoppiate tra il 19 e il 22 giugno, durante il periodo precedente alla piena costituzione del governo nazionale nel Paese. “Diversi individui armati hanno assalito alcuni villaggi sparando e uccidendo, saccheggiando e bruciando le proprietà, costringendo almeno 21.000 persone, di cui quasi la metà bambini, a fuggire dalle loro case”.